Una grande casa colonica in un paesaggio subtropicale, sei ventenni che
tornano nel posto in cui il loro amico Miguel ha trascorso gli ultimi
giorni di vita prima di suicidarsi. Vogliono inscatolare e raccogliere
tutto ciò che l’amico ha lasciato dietro di sé: piatti audio ancora
attaccati alle casse, cavi che giacciono sul pavimento, vestiti e
oggetti sparsi qui e là. Miguel registrava ossessivamente i suoni della
natura e i suoi discorsi solitari, e quelle registrazioni ora
riecheggiano ovunque nella casa e all’esterno, attraverso altoparlanti
che confondono i piani della percezione, tra un prima e un dopo, tra la
notte e il giorno e tra la vita e la morte (dal catalogo del TFF).
A ispirare questo progetto sono stati dei ricordi, non tanto
ricordi specifici, ma ricordi di certe sensazioni che ho avuto in
differenti periodi della mia vita, e anche il desiderio di affrontare la
pratica cinematografica in modo sensoriale.
Dopo il sorprendente Leones,
un altro esordio argentino altrettanto ragguardevole, sceneggiato e
diretto dal trentacinquenne Leonardo Brzezicki. Pensato inizialmente
come cortometraggio ed espanso a lungo in seguito a una prima sessione
di montaggio, Noche mette in scena l’elaborazione
sonora del lutto da parte dei sei amici di Miguel, giovane suicidatosi
in una fattoria circondata dal bosco e ossessionato dalla registrazione
compulsiva dei rumori d’ambiente. Ascoltando le incisioni che mescolano
liberamente confessioni diaristiche, descrizioni oniriche, stralci di
conversazioni e sonorità di varia natura, i sei amici - tra i quali
Pedro, precedente compagno di Miguel - si avvicinano al momento del
suicidio. Più che delucidare i rapporti affettivi che legano i sei
coetanei all’amico scomparso o precisare le loro relazioni, Noche
tratteggia un’esperienza di immersione, abbandono e smarrimento
nell’abitazione e nel microcosmo ambientale che la circonda, assegnando
al contatto con gli elementi naturali una rilevanza quasi assoluta.
Eppure, tranne episodiche ed effimere eccezioni, l’intimità fisica con
l’ambiente non attenua il dolore o reca conforto, ma acuisce
l’isolamento reciproco e la sensazione di assenza. Pochi i momenti di
distensione, perlopiù scanditi da occorrenze musicali come Fla & Flu dei Los Super Elegantes, cantata da Violeta e Matias con accompagnamento di tastiera, e Party Girl
di Chinawoman, diffusa dall’impianto che giganteggia in casa poco prima
dell’ascolto delle ultime, drammatiche incisioni di Miguel.
Ho voluto realizzare un film molto interiore, esplorare gli
aspetti sensoriali e fisici anziché quello psicologico, un film in cui i
sensi divengono l’elemento più importante e nel quale la struttura
narrativa favorisca associazioni poetiche piuttosto che un’affabulazione
lineare. Ho voluto intraprendere un viaggio rarefatto, soggettivo e
ambiguo che non può ammettere interpretazioni singole.
La
cifra stilistica impiegata da Brzezicki per veicolare densità
sensoriale e salienza percettiva delle sollecitazioni ambientali risiede
sostanzialmente nella stratificazione: le frequenti sovrimpressioni,
spesso culminanti in dissolvenze incrociate, compongono una tessitura
che aggrega più piani visivi, lasciandoli scorrere simultaneamente fino a
confonderne profili e fisionomie. Stratificazione intensificata da
lenti e sinuosi movimenti di macchina, in una sorta di flusso
ininterrotto dalle marcate risonanze soggettive (una soggettività
segnata dalle impressioni dei personaggi ma non totalmente attribuibile a
loro). Ciononostante, l’autentico propulsore che spinge i sei giovani,
ciascuno con reazioni differenti, ad affrontare tangibilmente la realtà
del lutto è rappresentato dalle registrazioni: chi, come Violeta,
rievoca episodi significativi della vita con Miguel (una festa, la sera
in cui si è sparato) e chi, come Pedro, arriva persino a immedesimarsi
nell'ex compagno, introiettando la furia che lo ha portato a togliersi
la vita. Tra i numerosi momenti rimarchevoli, si segnalano tre sequenze:
il pasto consumato all’aperto, con la successiva irruzione di un branco
di cani che ne divora i resti, il già menzionato ascolto di Party Girl,
risolto con un long take di bilanciato cinetismo, e l’epilogo
lustrale, nel quale il corpo di Juan emerge purificato dalle acque del
torrente, carne luminosa rigenerata dall’avvenuta elaborazione del
lutto. Oltre al già citato Leones, col quale Noche
dialoga piuttosto apertamente per impronta funerea ed enigmatica, si
indovinano assonanze col cinema di Lisandro Alonso (soprattutto
l’incipit di Los Muertos), analogie più ravvicinate con la radicalità sensoriale di Philippe Grandrieux (Un Lac, ma non solo) e, in misura assai stringente, con le derive trasfiguranti di Carlos Reygadas (Japon, in parte Stellet Licht e, ovviamente, Post Tenebras Lux).
Nel film questi amici tornano a visitare il luogo di Miguel, ma in
effetti sono loro a essere visitati dai suoni di Miguel. Penso che qui
inizi a succedere qualcosa d’interessante, una sensazione simile a
quella del sogno a occhi aperti, ed è qualcosa che loro non possono
fermare. Riconduco tutto ciò a quello stato speciale nel quale ci
troviamo ricordando, al modo nel quale ognuno costruisce i propri
ricordi.
Un ringraziamento a Elisa Schiavi per il contributo.
Pubblicata su www.spietati.it
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