Materia oscura racconta un luogo di guerra in tempo di pace. Lo spazio
del film è il Poligono Sperimentale del Salto di Quirra, regione della
Sardegna compresa tra le province di Cagliari e Nuoro, dove per oltre
cinquanta anni i governi di tutto il mondo hanno testato “armi nuove” e
dove il governo italiano ha fatto brillare i vecchi arsenali militari
compromettendo inesorabilmente il territorio. All’interno di questo
spazio il film compone tre movimenti. Il primo movimento segue
l’indagine di un geologo che tenta di rintracciare l’inquinamento
causato dalle sperimentazioni militari. Tra terra e mare, tra residui
bellici e civili, tra bersagli, condotti, proiettili, cariche, radar,
carcasse di carri armati e missili, il film scopre i luoghi muti e
ascolta i silenzi di due fratelli pastori che degli effetti della guerra
hanno fatto la normalità, malgrado ancora oggi riecheggino tra le valli
i rimbombi delle esplosioni. Il secondo movimento mostra una ricerca
attraverso gli archivi cinematografici del poligono che hanno visto
protagonisti le armi e gli esplosivi di tutto il mondo. Sono immagini
incredibili che raccontano oltre cinquanta anni di sperimentazioni
belliche. Missili, razzi, bombe, esplosioni, brillamenti: le prove
generali della guerra si sono messe in mostra davanti alle cineprese del
Poligono. Negativi e positivi, ralenti e accelerazioni: i formati e i
colori si susseguono nel buio della sala di montaggio. La terza e ultima
parte racconta il lavoro di due allevatori, un padre e un figlio e del
loro rapporto con la terra, gli animali e con un passato profondamente
segnato dall’attività bellica. Malgrado la cura, la dedizione e l’amore
per il proprio lavoro troppo spesso i loro animali nascono malformati e
con gli organi interni pieni di sostanze radioattive. L’orrore in una
natura all’apparenza incontaminata. Materia oscura racconta questo luogo
silenziosamente avvelenato evocandone la tragicità grazie alla forza
del racconto per immagini. E tra montagne e mare, passato e presente
viene costantemente messa in scena una “guerra immaginaria” che sembra
non aver fine (dal pressbook).
Non si cerchi inchiesta giornalistica o illustrazione didascalica in Materia oscura,
ché il solo momento informativo dell’extradocumentario di Massimo
D’Anolfi e Martina Parenti coincide con la registrazione, tratta da
un’intervista di Radio Radicale, delle parole del Procuratore Domenico
Fiordalisi, parole che ascoltiamo mentre le immagini mostrano la
dissezione di un topo. Colonna sonora e visiva entrano in collisione,
stridono, suggeriscono percorsi divergenti. Una voce descrive
inesorabilmente la presenza di torio nelle aree interessate dalle
esercitazioni e le attività più o meno lecite praticate nel Poligono del
Salto di Quirra, un animale viene sezionato per effettuare ricerche
sulla contaminazione diffusa nella zona: l’esposizione verbale dei
rilievi scientifici e delle allarmanti anomalie morfologiche viene
letteralmente disturbata da immagini che impediscono un ascolto
concentrato e confortevole. Si tratta precisamente di scongiurare il
semplice effetto indignazione e penetrare nel dominio del surreale.
Perché oltre lo sdegno non c’è che il sentimento dell’assurdo, permeato
di tristezza, a rendere conto di un luogo dai tratti arcaici devastato
da sperimentazioni belliche tecnologicamente avanzatissime. Un
sentimento da non confondersi con la rassegnazione o la resa
all’esistente, ma, al contrario, da identificare con una presa di
posizione morale che si deposita in forme cinematografiche aliene tanto
dalla retorica tuonante del reportage quanto dal cinico disincanto del
lamento lirico sulle rovine.
Più ci si avvicina al potere e più ci si confronta col vuoto: è questo che sembra dirci Materia oscura,
configurando tre movimenti attorno a un nucleo impossibile da
rappresentare se non prendendone le distanze, cogliendone le tracce
disseminate nei crateri, nelle carcasse di lamiera carbonizzata, nella
terra bruciata, in quell’umanità residuale che, analogamente a quanto
avveniva in Il castello,
continua ostinatamente ad abitare uno spazio teso a respingerla ed
eliminarla in favore di un controllo sempre più esasperato, di una
sicurezza sempre più aggressiva. Tre movimenti in cui interrogazione del
territorio (le ricognizioni geologiche e l'attività pastorizia dei due
fratelli), disarchiviazione straniante (prelevate dagli scaffali
polverosi del poligono e visionate/rifilmate alla moviola, le pellicole
d’archivio assumono connotati marcatamente surreali) e captazione della
morte (il piano sequenza di oltre 6’ su un vitello agonizzante)
compongono un extradocumentario - lo si accennava sopra e lo si
ribadisce con forza qui - al quale non occorre voce narrante,
segnaletica didattica o forzatura dimostrativa per dialogare col reale e
lo spettatore. Grazie a una distanza/prossimità semplicemente
miracolosa che, al di là di ogni sovrastruttura posticcia, restituisce
integralmente al cinema la sua capacità esplorativa e trasfigurante: dal
macchinico prologo pellicolare al baluginante epilogo spettacolare Materia oscura
non fa che parlarci di questo, del cinema come dispositivo di
riscrittura ed evocazione, traccia di un fare che può misurarsi ad armi
pari con l’orrore, la bellezza e l’inconcepibile.
Pubblicata su www.spietati.it