Im Keller segna il ritorno al genere documentario di Ulrich Seidl. Il
film cerca di fornire una rappresentazione del particolare rapporto che
c’è tra gli austriaci e i loro seminterrati e di definire le specificità
di questi luoghi. I seminterrati sono i luoghi in cui gli austriaci,
soprattutto uomini, passano il tempo libero. Im Keller punta una luce su
questi luoghi sotterranei che normalmente sono nascosti e, se da un
lato fornisce delle risposte, dall’altro pone nuove domande al pubblico
(dal sito della Biennale).
Sono due i concetti che s’impongono con forza guardando Im Keller. Il primo, come osserva Matteo Marelli su Uzak, è quello di Wunderkammer:
la camera delle meraviglie così diffusa nell’Europa centrale tra XVI e
XVIII secolo in cui i collezionisti - tra i quali imperatori, sovrani e
principi - raccoglievano mirabilia di varia natura, vale a dire
oggetti che suscitavano stupore e curiosità per la loro originalità,
eccezionalità e stravaganza. A un primo sguardo, il campionario di
storture, aberrazioni e bizzarrie raffigurato in Im Keller si sposa perfettamente con la logica collezionistica della Wunderkammer,
una logica attratta dall’insolito e dallo straordinario. L’istruttore
di tiro appassionato di lirica e tenore dilettante, lo strambo e minuto
ammiratore di prostitute che vanta una prodigiosa potenza virile e
ingabbia meticolosamente la compagna di giochi, l’anziana signora che
coccola bambolotti d’impressionante realismo amorevolmente custoditi in
scatole-culle, lo sportivo che corre giudiziosamente sul tapis roulant e
fa innumerevoli vasche in una piscina di dimensioni lillipuziane, le
taciturne lavandaie di mezza età, la donna masochista che lavora
paradossalmente alla Caritas aiutando le donne che subiscono violenze,
il cacciatore onnivoro fiero dei suoi trofei, il nostalgico nazista
suonatore di tuba, la coppia sadomaso che trascorre giornate di
incantevoli sevizie: che cosa rappresenta questo eccentrico assortimento
di esemplari austriaci se non un’eclettica galleria di naturalia allestita per destare meraviglia?
Il secondo concetto, che appare appena sotto la superficie del mirabile visu,
mostra invece qualcosa di radicalmente diverso dall’idea del repertorio
bizzarro. Si tratta dell’intima complementarità tra queste pratiche
letteralmente sotterranee e la condotta tenuta apertamente, alla luce
del sole, dai soggetti rappresentati e non solo. Emblematica in questo
senso la figura della donna che lavora per la Caritas: la plateale
contraddittorietà tra ossessione masochistica privata e professione
pubblica di aiuto alle vittime della violenza maschile rivela, al
contrario, l’intrinseca compatibilità tra due dimensioni apparentemente
inconciliabili. Quello che appare stridente e grottescamente
contraddittorio è invece ciò che si integra alla perfezione: sono le
fantasie coltivate nello scantinato (la collocazione sotterranea è in
questo senso di un’esattezza impressionante) a sorreggere, come
fondamenta nascoste, l’attività quotidiana degli individui raffigurati. E
per proprietà transitiva (questa la funzione dei martellanti sguardi in
macchina) degli spettatori tutti: la dialettica tra passione nascosta e
professione manifesta messa in scena da Im Keller è,
in misura iperbolica e caricaturale, quella che ciascun individuo,
ovviamente secondo modalità distinte, riproduce nel teatro della propria
esistenza. Osservato da questa prospettiva infima e rovesciata (qui
sono il basso e l’abietto a dominare), il seminterrato reale si tramuta
in spazio mentale e il grottesco particolare diviene antro universale,
cavità in cui si annidano i desideri reconditi e le fantasie più o meno
oscene ed esecrabili che ogni soggetto custodisce nel chiuso della
propria coscienza.
A proposito del cinema di Seidl si parla spesso e a ragion veduta di inferno visto da vicino: Im Keller
sembra inverare esemplarmente questa affermazione. Ma, se d’inferno si
tratta, abbiamo a che fare con un inferno che genera simultaneamente e
per contraccolpo, come nella ben nota concezione dantesca (mi scuso per
la reminiscenza scolastica), l’isola-montagna del purgatorio col
paradiso terrestre che ne occupa la cima. Non è dato scindere le due
entità, esse sono intrinsecamente connaturate. Inorridire
moralisticamente sarebbe tanto miope e autoassolutorio quanto
compiacersi morbosamente. Imbuto infernale ed escrescenza purgatoriale
fanno parte della stessa realtà: quella della nostra esistenza.
Pubblicata su www.spietati.it.