mercoledì 12 novembre 2014

IM KELLER

Im Keller segna il ritorno al genere documentario di Ulrich Seidl. Il film cerca di fornire una rappresentazione del particolare rapporto che c’è tra gli austriaci e i loro seminterrati e di definire le specificità di questi luoghi. I seminterrati sono i luoghi in cui gli austriaci, soprattutto uomini, passano il tempo libero. Im Keller punta una luce su questi luoghi sotterranei che normalmente sono nascosti e, se da un lato fornisce delle risposte, dall’altro pone nuove domande al pubblico (dal sito della Biennale). 









Sono due i concetti che s’impongono con forza guardando Im Keller. Il primo, come osserva Matteo Marelli su Uzak, è quello di Wunderkammer: la camera delle meraviglie così diffusa nell’Europa centrale tra XVI e XVIII secolo in cui i collezionisti - tra i quali imperatori, sovrani e principi - raccoglievano mirabilia di varia natura, vale a dire oggetti che suscitavano stupore e curiosità per la loro originalità, eccezionalità e stravaganza. A un primo sguardo, il campionario di storture, aberrazioni e bizzarrie raffigurato in Im Keller si sposa perfettamente con la logica collezionistica della Wunderkammer, una logica attratta dall’insolito e dallo straordinario. L’istruttore di tiro appassionato di lirica e tenore dilettante, lo strambo e minuto ammiratore di prostitute che vanta una prodigiosa potenza virile e ingabbia meticolosamente la compagna di giochi, l’anziana signora che coccola bambolotti d’impressionante realismo amorevolmente custoditi in scatole-culle, lo sportivo che corre giudiziosamente sul tapis roulant e fa innumerevoli vasche in una piscina di dimensioni lillipuziane, le taciturne lavandaie di mezza età, la donna masochista che lavora paradossalmente alla Caritas aiutando le donne che subiscono violenze, il cacciatore onnivoro fiero dei suoi trofei, il nostalgico nazista suonatore di tuba, la coppia sadomaso che trascorre giornate di incantevoli sevizie: che cosa rappresenta questo eccentrico assortimento di esemplari austriaci se non un’eclettica galleria di naturalia allestita per destare meraviglia?

Il secondo concetto, che appare appena sotto la superficie del mirabile visu, mostra invece qualcosa di radicalmente diverso dall’idea del repertorio bizzarro. Si tratta dell’intima complementarità tra queste pratiche letteralmente sotterranee e la condotta tenuta apertamente, alla luce del sole, dai soggetti rappresentati e non solo. Emblematica in questo senso la figura della donna che lavora per la Caritas: la plateale contraddittorietà tra ossessione masochistica privata e professione pubblica di aiuto alle vittime della violenza maschile rivela, al contrario, l’intrinseca compatibilità tra due dimensioni apparentemente inconciliabili. Quello che appare stridente e grottescamente contraddittorio è invece ciò che si integra alla perfezione: sono le fantasie coltivate nello scantinato (la collocazione sotterranea è in questo senso di un’esattezza impressionante) a sorreggere, come fondamenta nascoste, l’attività quotidiana degli individui raffigurati. E per proprietà transitiva (questa la funzione dei martellanti sguardi in macchina) degli spettatori tutti: la dialettica tra passione nascosta e professione manifesta messa in scena da Im Keller è, in misura iperbolica e caricaturale, quella che ciascun individuo, ovviamente secondo modalità distinte, riproduce nel teatro della propria esistenza. Osservato da questa prospettiva infima e rovesciata (qui sono il basso e l’abietto a dominare), il seminterrato reale si tramuta in spazio mentale e il grottesco particolare diviene antro universale, cavità in cui si annidano i desideri reconditi e le fantasie più o meno oscene ed esecrabili che ogni soggetto custodisce nel chiuso della propria coscienza.

A proposito del cinema di Seidl si parla spesso e a ragion veduta di inferno visto da vicino: Im Keller sembra inverare esemplarmente questa affermazione. Ma, se d’inferno si tratta, abbiamo a che fare con un inferno che genera simultaneamente e per contraccolpo, come nella ben nota concezione dantesca (mi scuso per la reminiscenza scolastica), l’isola-montagna del purgatorio col paradiso terrestre che ne occupa la cima. Non è dato scindere le due entità, esse sono intrinsecamente connaturate. Inorridire moralisticamente sarebbe tanto miope e autoassolutorio quanto compiacersi morbosamente. Imbuto infernale ed escrescenza purgatoriale fanno parte della stessa realtà: quella della nostra esistenza.

Pubblicata su www.spietati.it.